Via Cassin (Sperone Walker) – Nord Grandes Jorasses

Incredibile ma vero riesco a mettere a segno anche questa salita e così in meno di un anno sono a metà delle 6 grandi Nord, complice una preparazione abbastanza maniacale il mio progetto sta procedendo più velocemente del previsto. Forse a qualcuno non piacerà tutta questa fretta perché le salite vanno “corteggiate e poi interiorizzate” io però non sono d’accordo, ognuno è libero di fare quello che vuole in alpinismo e io dopo una salita sono allo stesso tempo contento e affamato di nuove avventure. Ogni salita in pratica contribuisce ad aumentare esponenzialmente il mio desiderio di esplorazione o almeno questo è il mio modo di fare alpinismo.

Racconto:

Martedì 26 luglio prendo il treno per Milano da Bergamo per andare a Rho dove dovrei incontrarmi con il socio ma subito Trenord mette in chiaro che niente nella vita è garantito e mi lascia a piedi a Pioltello limito con metà dei treni cancellati. Poco male vengo prelevato nella triste stazione di Pioltello da Luca che fortunatamente era parecchio in anticipo e ci avviamo verso la costosissima autostrada che porta in val d’Aosta. Arrivati a Courmayeur parcheggiamo la macchina e prendiamo il pullman che porta a Chamonix e da lì il trenino per Montenvers. Da qui inizia il cammino sull’ex mer de glace che ormai è più che altro una grossa morena detritica che porta al rifugio Leschaux. Arrivati al rifugio veniamo accolti dai gestori che parlano solo francese ma con l’arte dell’arrangiarsi si fanno capire da chiunque. Dopo una tipica cena francese a base di zuppa e pasta andiamo subito a dormire senza perdere troppo tempo, sono già le 22 e poco dopo mezzanotte la sveglia suonerà per la colazione.

La colazione a differenza della cena mi soddisfa a pieno con torta, cereali, latte, tè, nutella e chi più ne ha più ne metta! Dopo la scorpacciata mattutina in breve ci prepariamo e poco dopo l’una siamo di nuovo sul ghiacciaio alla base del rifugio. Davanti a noi solo una cordata di francesi ci precede, salgono leggeri senza sacco a pelo e cibo perché vogliono uscire in giornata.

Dopo un paio di ore di ghiacciaio arriviamo alla base dello sperone dove quasi recuperiamo la cordata fast and light (che forse è solo light). I primi dieci tiri di marcio facile li facciamo velocemente in conserva e arriviamo alla prima placca di V che scambio per un altro III facendola con gli scarponi con conseguenti imprecazioni sui passi in aderenza. Proseguiamo poi a tiri per placche e diedri ora più difficili con qualche sporadica conserva dove il terreno si fa più semplice. “In breve” arriviamo al diedro di 75 metri che con due tiri da manuale ci porta alla base del pendolo. Il passaggio del pendolo è come al solito verglassato e pieno di fisse, quindi tiro fuori il calisthenics che è in me e tirando le fisse come Yuri Chechi faceva con gli anelli supero il pendolo con ulteriori colorite espressioni. Dopo il pendolo ci aspettano le placche grigie dove Luca supera brillantemente una placca tecnica “solo di VI” che però con lo zaino di 15 kg sulle spalle e passi aleatori si fa rispettare.

In cima alle placche grigie vado leggermente fuori via ma ritroviamo subito dove passare e dopo qualche ora siamo sulla cresta sopra la torre. Qui inizierà la mia sofferenza, dopo una permanenza dolorosa su una sosta appesa con zaino e piedi spalmati in placca, mi si infiamma il tendine d’Achille e arrampicare diventa così doloroso che quasi mi metto a piangere su un paio di lunghezze. Fortunatamente il socio vedendomi soffrire si offre di aprire un paio di tiri di seguito permettendomi di recuperare un minimo. Mamma mia che male!

Superiamo i camini rossi con 3 tiri di marcio totale e alla base della placca di V sopra i camini decidiamo di bivaccare. Abbiamo ancora qualche ora di luce e potremmo uscire in giornata ma decidiamo che fare gli ultimi tiri al buio non sarebbe simpatico (scelta che si rivelerà molto saggia).

Il terrazzino dove ci siamo fermati è troppo piccolo per due persone quindi decidiamo di montare una “fissa” per calarsi su un terrazzino più basso così da riuscire a dormire uno sopra e uno sotto. La notte passa bene senza particolari problemi ma la mancanza di acqua inizia a farsi sentire, la sera prima infatti riusciamo a sciogliere solo 2 litri. Con un litro facciamo la cena e con l’atro il tè per la mattina.

La partenza alle 6 e mezza con il vento e le mani congelate è abbastanza traumatica ma piano piano con perseveranza arriviamo sotto l’ultimo tiro. Mai visto un tiro più marcio le prese salde semplicemente non esistevano bisognava solo trovare quelle “meno ballerine” e tirarle dal “lato in cui non si staccavano”. Per fortuna che la sera prima non siamo saliti perché fare questo tiro col buio è una specie di suicidio. Recupero il socio e poco dopo usciamo sulla cresta nevosa sommitale che in breve ci porta in vetta. Qualche breve battuta, la classica e immancabile foto di vetta e giù per la normale. Inizialmente avevamo deciso di scendere dalle rocce whymper (più lento ma piú sicuro) ma poi abbiamo dovuto optare per il traverso sotto al seracco (più veloce ma soggetto a rischio crollo seracco) poiché le previsioni meteo erano peggiorate e davano pioggia nel primo pomeriggio. L’ultima cosa che volevo era prendere il temporale in cima alla Walker… Comunque tutto fila liscio e scendiamo senza particolari problemi anche se rallentati da un ghiacciaio abbastanza tormentato e sentieri che più che altro erano creste da disarrampicare.

2600 m D- e siamo al parcheggio in val Ferret dove prendiamo il pullman che ci riporta dove abbiamo lasciato l’auto (più o meno). Gran bella avventura su una parete mitica e una via che ha fatto la storia. Grazie al super compagno!

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